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La finanza è sempre più green,
oggi la vera leva è la sostenibilità.
Abbiamo creato un gruppo di lavoro sui temi della sostenibilità da oltre dieci anni, con l’ obiettivo di stabilire degli standard qualitativi di analisi finanziaria sempre più rigorosi: in questo contesto abbiamo appena pubblicato un Quaderno, intitolato Disclosure of climate risks and ESG information»: Alberto Borgia, presidente dell’ Aiaf, l’ associazione degli analisti e consulenti finanziari, è convinto che fondi e investitori siano sempre più attenti a scegliere imprese valutando i loro asset in termini di bilancio integrato: ovvero mettendo insieme fondamentali classici, come fatturato e utili, con tutti gli altri fattori che compongono la cosiddetta sostenibilità.
Dallo scorso anno la legge impone alle aziende con più di 500 milioni di fatturato di stilare il bilancio di sostenibilità. Il grande passo è non solo dichiarare l’impegno, ma arrivare a valutarlo effettivamente. Spiega Borgia: «Prendiamo la riduzione delle emissioni nocive, come previsto dall’accordo di Parigi sul cambiamento climatico: uno studio autorevole stima che il costo delle emissioni di CO2, in termini di penali, intaccherebbe gli utili aziendali tra il 10 e il 20%. Dal punto di vista di chi investe, soprattutto i grandi investitori, questo dato suona come un campanello di allarme».
La sostenibilità non è un costo. Oggi è sempre più forte la percezione che si tratti in realtà di un volano per accrescere il valore. Se mai servisse una conferma, tra le new entry della classifica mondiale degli uomini più ricchi del pianeta, c’è Ivon Chouinard, fondatore del brand di abbigliamento sportivo Patagonia, una B-Corp, Benefit corporation, che ogni anno dona l’1% dei ricavi ad associazioni ambientaliste e tempo libero ai suoi dipendenti: «Tutti i dipendenti hanno bisogno di orari flessibili per poter andare a fare surf quando ci sono le onde giuste o a sciare quando c’è la neve. O poter stare a casa ad accudire i figli», sostiene Chouinard nella sua autobiografia.
Le B-Corp usano il proprio business per creare benessere. Fanno bene alla società, fanno bene ai bilanci. E fanno bene anche ai portafogli. Le imprese sostenibili, infatti, sono finite nel mirino dei grandi investitori che, secondo Morningstar, hanno sposato la causa delle sostenibilità e conquistano i più importanti asset manager del mondo. «Nel 2016 gli investimenti fatti su società eco-h-iendly a livello globale, attraverso diversi strumenti, come Etf, green bond, azioni, ammontavano a 22.900 miliardi di dollari», racconta Borgia.
«Il ruolo della finanza nel facilitare la transizione verso un’economia sostenibile è ribadito anche dalla commissione per i problemi economici e monetari del Parlamento Europeo che agli inizi di febbraio ha presentato un progetto di relazione sulla Finanza Sostenibile», racconta Andrea Gasperini, responsabile area Sostenibilità Mal. Drenare capitali verso imprese pulite, sane e buone non è opera di beneficienza, è anche un modo per garantirsi da tanti rischi: «Per le società sta diventando sempre più costoso non essere compliant, conformi, con un certo modo di fare industria: prendiamo i danni da cambiamento climatico, quanto sono costati alle assicurazioni?», incalza Borgia. Poi ci sono i rischi occupazionali, in caso di cattiva gestione o nociva gestione del business. Per non parlare dell’ aspetto reputazionale che oggi, soprattutto grazie a Internet, può avere un effetto dirompente sugli andamenti dei titoli azionari. Sul fronte dei rendimenti, diversi autorevoli studi in passato hanno messo a confronto diversi indici o basket di titoli, provando che le buone azioni spesso garantiscono performance migliori. Catturare la performance potenziale degli investimenti Esg è diventata un’area di significativa attenzione per asset manager e investitori», sostengono in un recente report che Affari e Finanza è in grado di anticipare Anna Lester, Chen He e Chris McKnett di Ssga, State street global advisor, tra i primi tre money manager del mondo. Spiegano come il proprio team di gestione azionaria attiva quantitativa ormai non possa più prescindere dal prendere in considerazione anche la cosidetta Esg-proficiency, il terso fondamentale della valutazione accanto alla solidità finanziaria e all’ operazionalità eccellente. «La creazione di valore, o la sua distruzione, sono influenzati da molti altri fattori ambiente. responsabilità sociale e buon governo rispetto al solo requisito finanziario, soprattutto in un’ottica di lungo termine». L’ importanza di una buona governance è testimoniata da molti, recenti scandali: emissioni delle automobili, cibo scadente o addirittura velenoso, come il latte venduto in Cina da Lactalis, problematiche del lavoro che costano fior di soldi alle aziende, e intaccano le loro quotazioni al listino. Le aziende sostenibili in genere adottano spesso strategie lungimiranti che le pongono al riparto da frodi, gestione pessima e altri danni etici che possono ripercuotersi negativamente sul valore degli azionisti. Per questo il settore Esg è quello dove si sono indirizzati fondi pensione e assicurazioni, fondi istituzionali che puntano a investimenti con orizzonti temporali molto lunghi per garantire il ritorno del capitale. Non solo. Sempre secondo State Street, le imprese sostenibili più facilmente riescono a captare nuovi settori e nuovi business. Ad anticipare il futuro.
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